Il vino uscito dalla fermentazione, ma soprattutto il mosto proveniente dalla pigiatura, non sono mai un liquido particolarmente attraente. A causa delle sostanze in sospensione in essi contenute risultano torbidi e facilmente instabili; ciò significa che, in determinate condizioni, sono esposti a processi di alterazione o degradazione.

La chiarificazione, nonostante il nome faccia pensare ad un procedimento moderno, è una pratica molto antica, nota fin dai tempi degli antichi romani e si applica a tutti i tipi di mosto e di vino. Essa coinvolge i residui più piccoli che rimangono in sospensione e che rendono il liquido torbido, instabile ed esposto a mutazioni organolettiche. L'introduzione di particolari sostanze, dette chiarificanti, consente a queste ultime di aggregarsi con le particelle in sospensione e di farle precipitare per gravità sul fondo del contenitore, rendendo in tal modo il liquido trasparente.

I principali prodotti chiarificanti possono essere sia di origine organica quali l'albumina (cioè la chiara dell'uovo), le gelatine vegetali, le gelatine animali e la caseina (un derivato del latte) che di origine minerale quali la bentonite e il sol di silice. Ognuna di esse ha particolari caratteristiche pertanto il loro utilizzo varierà a seconda del tipo di vinificazione e del prodotto finale che si vorrà ottenere.

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